sabato 29 dicembre 2012

Torta di mele

Benedetti amici. 

Che quando è venerdì sera ed esci tardi dall'ufficio, fanno sempre in tempo ad apparecchiare la tavola, e a risollevarti l'umore.
Che magari non riesci a vederli per mesi, ma che non passa un giorno in cui non si facciano sentire.
Che i bambini, a vederli crescere insieme, è tutta un'altra storia.
Che c'è sempre un buon motivo per aprire una bottiglia di vino.
Che ti restituiscono il respiro, e ti regalano qualche chilo di gioia.
Che aumentano di numero, e moltiplicano l'amore.
Che sono il rumore della tua vita, anzi no, sono la musica.
Benedetti amici.



2 uova
150 g zucchero
4 cucchiai olio di semi
200 g panna
200 g farina
1 bustina di lievito
2 mele Granny Smith
cannella q.b.
qualche fiocco di burro
zucchero di canna q.b.

Montare le uova con lo zucchero, aggiungere l'olio, la panna e la farina setacciata col lievito.
Versare in uno stampo imburrato e infarinato, disporre sopra le mele e spolverare  con zucchero di canna, cannella e qualche fiocco di burro.
Infornare a 180° per 50 minuti.
Mangiare ascoltando musica buona.

domenica 23 dicembre 2012

Mousse al caramello, sale Maldon e cardamomo

Silenzio, è quasi Natale. 

È ora di uscire dagli armadi sfere di vetro e nastri luccicanti. 

Di appendere alla porta di casa verdi ghirlande di benvenuto. 

Di infiocchettare, lustrare e tirare a lucido qualunque cosa ci capiti a portata di mano. 

Come se la vita venisse improvvisamente esposta dietro i limpidi vetri di una gigantesca vetrina, e non ci fosse più posto per le nostre quotidiane opacità. 
O come se ci ritrovassimo illuminati da un potentissimo occhio di bue, e perdessimo da un momento all'altro la possibilità di rifugiarci nei rassicuranti coni d'ombra del nostro routinario palcoscenico. 

Ma Natale non è fatto di luminarie e carillon, o almeno, non solo di quelli. Natale è la festa della famiglia, qualunque cosa questo significhi. 
Abbracciate i vostri libri, e accarezzate il vostro cane. 
Dormite insieme ai vostri figli, fateli addormentare intrecciando le dita ai loro capelli, e chissenefrega dei saggi consigli della rigida tata anglosassone.
Portate i nonni a guardare il mare, se avete la fortuna di averli ancora, e ascoltate le loro storie anche se le conoscete già, perché Dio solo sa quanto vi mancheranno. 
Dite al vostro amore che l'amate. Diteglielo ad alta voce, e poi ripeteteglielo ancora, per accertarvi che l'abbia capito bene. 
Perché niente è più stupido di un sentimento silenzioso. 
Andate a correre la mattina presto e a dormire la sera tardi. 
Fate molto l'amore, ma solo con chi vi fa tremare le ginocchia, e poco la dieta. 

Siate spudoratamente felici. 
È Natale, è la vostra vita, e merita senz'altro di essere festeggiata.


Per la mousse al caramello, fior di sale e cardamomo (da una ricetta di Paco Torreblanca):
375 g zucchero
450 g panna fresca liquida
120 g tuorli d'uovo
12 g gelatina in fogli
525 g panna fresca montata
qualche capsula di cardamomo
qualche cristallo di sale Maldon

Per la glassa:
150 g panna fresca
75 g cacao
225 g zucchero
175 g acqua
8 g gelatina

Per la mousse al caramello. Unire le capsule di cardamomo alla panna liquida e lasciare in infusione per qualche ora. Preparare il caramello con lo zucchero e un po' d'acqua, riscaldare la panna fino quasi a bollore e aggiungerla al caramello. Fare reidratare la gelatina in acqua fredda. Sbattere appena i tuorli, incorporare il caramello e la panna e portare sul fuoco fino a raggiungere una temperatura di 82°. Aggiungere il sale Maldon, la gelatina reidratata e filtrare. Fare abbassare la temperatura fino a 35° circa, mescolando di tanto in tanto con una frusta, poi unire alla panna con movimenti decisi e delicati. Versare nei bicchieri e fare freddare in frigorifero.

Per la glassa. In un pentolino versare la panna, il cacao, lo zucchero e l'acqua e fare spiccare il bollore, poi allontanare dal fuoco. Reidratare la gelatina e unirla al composto. Fare freddare la glassa e versarla sulla mousse al caramello. 

Decorare con caramelle mou e cristalli di sale Maldon.

sabato 22 dicembre 2012

Intervista a Maurizio Santin

Formatosi alla corte dei migliori pasticceri del mondo e già pasticcere dell’anno, Maurizio Santin gira il modo come consulente dolciario, tiene corsi, scrive libri e da quasi dieci anni, con i suoi programmi su Gambero Rosso Channel, è star indiscussa del palinsesto culinario in tv.

Un uomo felice, questo è Maurizio Santin, a dispetto del colore del suo grembiule e del carattere notoriamente “spigoloso”. Un uomo felice, e innamorato. Della vita, innanzitutto, ma anche del suo lavoro, degli amici e della futura sposa. Lo chef a Palermo è a palazzo Branciforte, l’edificio cinquecentesco acquistato dalla Fondazione Sicilia e restaurato  dal genio appena scomparso di Gae Aulenti, che ospita al primo terra la Città del Gusto del Gambero Rosso, dove ha tenuto un goloso corso di pasticceria.  

Lei è il figlio di Ezio Santin, colui che insieme a Gualtiero Marchesi negli anni settanta ha rivoluzionato la cucina italiana. Ha mai avuto altra scelta, oltre a quella di cucinare?
Onestamente, posso dire di sì. Finiti gli studi, i miei genitori mi hanno lasciato libero di scegliere cosa fare. Ho scelto di lavorare in cucina, e non me ne sono mai pentito.

Avrebbe potuto restare al ristorante di suo padre, l’Antica Osteria del Ponte (tre stelle Michelin) invece ha fatto una lunga gavetta. È stata la modestia a farla andare via, o il desiderio di costruirsi un’identità personale?
La scelta veramente difficile per me era quella di rimanere lì. Negli anni in cui ho lavorato con mio padre mi sono accorto di saper fare il cuoco, ma di essere un pasticcere. Da quella decisione poi è nata la mia fortuna: tenevo già dei corsi di pasticceria alla Città del Gusto, e Stefano Bonilli (allora direttore) e Luigi Salerno (ancora oggi D. G. del Gambero Rosso, ndr), mi hanno affidato la direzione tecnica della Città. Tre anni dopo mi hanno proposto di andare in tv, e il mio programma, “Dolcemente”, va in onda sul canale 411 di Sky da otto anni ormai.

Quando ha scoperto di avere le potenzialità dell’uomo di spettacolo?
Io non sono un uomo di spettacolo, ma un pasticcere. Un professionista che è arrivato alla tv da professionista: quando ho cominciato a fare tv ero stato già eletto pasticcere dell’anno, avevo scritto un libro e tenevo dei corsi professionali. E poi i miei programmi sono estremamente semplici: arrivo, faccio una ricetta e vado via. Non c’è niente di spettacolare, e così sarà sempre.

La sua formazione è impressionante: Lenôtre, Ducasse, Blanc, Robuchon. Ha lavorato con i più grandi del mondo. Chi considera un maestro nella sua vita?
Qualcuno meno noto, per così dire. Christian Cottard, sopra tutti gli altri. Era il mio riferimento quando lavoravo da Alain Ducasse, e ha stravolto il mio modo di ragionare. Per primo ha capito che ero un pasticcere, mi ha affidato la responsabilità di una parte della pasticceria dell’Hôtel de Paris, a Montecarlo.
Andrea Andreini, primo regista del Gambero Rosso Channel. Oggi registro cinque o sei puntate del programma al giorno, ma quando ho cominciato a fare televisione mi ha fatto ripetere per più di un mese la stessa puntata. Lo considero ancora il mio mentore.
Poi, mentre ero consulente dolciario della Nestlè , Peter Heilbron, allora direttore marketing di Perugina e Battista Vanini, che mi hanno insegnato la logica e la tecnica necessarie per lavorare in una grande azienda.
L’ultimo, Frédéric Bau, che lavorando da Valhrona ha sviluppato una metodologia di pasticceria tale da semplificare il nostro lavoro, e produrre il miglior cioccolato del mondo.

Quanto conta per lei la generosità in cucina?
È fondamentale: faccio corsi, scrivo libri e vado in televisione. Se non fossi generoso e onesto, non avrei nessuna credibilità.

Dopo aver assaggiato e cucinato di tutto, qual è il suo dolce preferito?
Il tiramisù, e lo preparo ancora con la ricetta della crema che usava mia nonna.

Perché è nero il colore della sua divisa?
Per Robuchon, e Dart Fener.

Come ha detto, scusi?
Vedevo Joel Robuchon che portava sempre una giacca nera, così mi sono ripromesso che ne avrei indossata una uguale il giorno che avrei fatto qualcosa di veramente importante. Quel giorno è arrivato nel 1998, quando sono stato nominato pasticcere dell’anno.
Dart Fener invece lo cito per ridere, ma non troppo, perché rappresenta la storia di un cambiamento, e incarna bene la dualità che mi contraddistingue: sono preciso, duro, e poco simpatico nel mio lavoro, ma gentile, accondiscendente e sempre sorridente lontano dalla cucina.

Il successo di uno chef in televisione dipende spesso dal pubblico femminile. Le donne amano la sua cucina, il suo carattere ruvido e il modo in cui potrebbe strapazzarle. Avrebbe mai pensato di diventare un sex symbol?
Diciamo che è stata una scoperta recente. Dopo la fine del mio  primo matrimonio, mi sono accorto di essere “cercato” dalle donne e ho passato un paio d’anni “vivaci”. Poi ho incontrato la mia bellissima moglie, e ho messo la testa a posto. 

Palermo è pazza di lei. Il suo corso di pasticceria ha fatto il sold out dopo solo tre ore dal momento in cui è stato possibile acquistarlo in rete. Che rapporto ha con la Sicilia e i siciliani?
Ne sono profondamente innamorato. Io sono un milanese doc, e credo di essere immune alla depressione. Ma se mi capitasse di non sentirmi bene o di essere triste verrei qua: la gente sorride sempre ed è bello ovunque. La eleggo volentieri a mia seconda patria.

Qual è il suo sogno?
Una pasticceria sulla Madison, a New York, perché quella è la città più bella del mondo.

Si avvicinano le feste, cosa mette in tavola per rendere più dolce il nostro Natale?
Sono un milanese, e se non mangio il panettone vado dritto all’inferno. Oltre a quello… un dolce della tradizione, ma rivisitato in chiave moderna, un tiramisù destrutturato e servito al bicchiere, fatto di un cremoso al cioccolato, un biscotto savoiardo inzuppato nel caffè, e uno sbuffo della crema al mascarpone più buona che c’è: quella preparata con la ricetta della mia nonna.

lunedì 10 dicembre 2012

Pan di Spagna

Ci sono occasioni nella vita in cui serve a poco parlare.
Ragionare e discettare diventano meri esercizi di stile, gabbie vuote che non ha senso vestire.
Sono attimi di meraviglia che non necessitano di colonna sonora.

Uno sguardo perfetto e l'illogica certezza di trovare casa in sentimenti lontani.
Mani che si muovono maestre a insegnarti la forma della vita.
Ginocchia che corrono alte, quando ogni pensiero è un ricordo sopito.

Questi istanti vanno celebrati con l'unica religione che conosco davvero: quella del silenzio.
Perché a volte le parole sono un vezzo.
I fonemi sono monili superflui.
E i suoni un lusso sprecato.

Mesdames et messieurs... sua maestà il pan di Spagna.
Imperatore della pasticceria, signore delle torte, re delle meraviglie.



600 g uova intere a temperatura ambiente
435 g zucchero
375 g farina
125 g fecola di patate
la scorza grattugiata di 2 limoni biologici

Montare molto bene le uova con lo zucchero e le scorze dei limoni grattugiate fino a renderle bianche e spumose. 
Setacciare insieme le polveri e incorporarle alla montata con una spatola, con movimenti delicati ma decisi dal basso verso l'alto, avendo cura di non smontare il composto. 
Infornare a 180° per 20-25 minuti, a seconda della dimensione della teglia. 

Utilizzare con il rispetto dovuto a sua maestà.

lunedì 3 dicembre 2012

Soufflé glacé al mandarino

Nudo è il mio respiro, qualche volta.

Quando il mio amore mi toglie il fiato, e lo sa fare così bene.
Quando digito forsennatamente alla ricerca di parole rotonde che tardano ad arrivare.
Quando il cielo è azzurro per merito nostro.
Quando i pensieri vanno veloci, insieme a tutto il resto.
Quando il soufflé è così bello che vorresti abbracciarlo, e ringraziare.
Quando il bisogno non fa più paura, ma diventa una docile resa.
Quando la resa non è più una sconfitta.

Quando mi fermo, chiudo gli occhi e, finalmente, respiro.



Per il semifreddo:
3 uova 
250 ml panna fresca
150 g zucchero
4 g gelatina
2 mandarini
1/2 bicchierino di liquore al mandarino

Per la copertura:
4 mandarini
90 g zucchero
100 g acqua

Fare reidratare la gelatina in acqua fredda. Montare i tuorli con 100 gr di zucchero. Spremere i mandarini e riscaldare una piccola parte del succo per sciogliervi la gelatina. Montare separatamente la panna e gli albumi con lo zucchero rimasto. Unire il succo restante e il liquore ai tuorli, incorporare la meringa e per ultima la panna montata. Versare in cocottine monoporzione con i bordi rivestiti di acetato e fare freddare in freezer.

Tagliare i mandarini in fette sottili, privarle dei semi e cuocerle a fuoco moderato con l'acqua e lo zucchero finché non diventano trasparenti. Asciugarle bene e poggiarne una fetta sopra ogni cocottina dopo aver rimosso la banda di acetato.

Mangiare vestiti di tutto, tranne che del respiro.